Vita da zolletta

di Silvia Corazza

Tutti insieme qui dentro stiamo veramente scomodi: sarà per tutti gli spigoli che abbiamo. Accidenti, chi ha acceso la luce? Ah no, qualcuno ha sollevato il tetto di casa nostra. Vedo calare dall’alto due mostruose ganasce di metallo e faccio appena in tempo a scansarmi mentre mio cugino viene addentato e rapito. Avesse avuto gambe e braccia sono sicuro che le avrebbe agitate nell’aria. Gridava: no! No! Ma temo che nessuno fuori da questa zuccheriera lo abbia sentito. Il tetto viene richiuso un po’ storto e un raggio di luce filtra impertinente. Vedo mia madre luccicare e sono grato alla buona sorte che mi ha evitato un destino sconosciuto. Ma ho peccato di ottimismo e il tetto si scoperchia di nuovo. Stavolta niente ganasce, ma una specie di benna di ruspa senza denti. Le mie zie sussurrano impaurite. “il cucchiaino, il cucchiaino!”. Stavolta non riesco ad evitarlo. All’inizio penso che i loro timori fossero infondati: la prima parte del viaggio è piacevole, in volo su quella piccola culla di metallo. E poi, improvvisa, la fina: vengo gettato in un liquido troppo caldo, troppo scuro e dal profumo troppo intenso. “Magari è buono” faccio in tempo a pensare prima di sciogliermi per sempre.

un caffe' molto speciale